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Chi si volga a guardare il cielo a occhio nudo in una notte limpida – a una distanza sufficiente da fonti di inquinamento luminoso – potrà, con un po’ di pazienza, fare alcune semplici osservazioni sul moto degli astri, che sono all’origine delle concezioni astronomiche degli antichi e determinano ancora in larga misura le modalità con le quali il senso comune e il linguaggio ordinario si riferiscono ai fenomeni celesti.
Il nostro ipotetico osservatore difficilmente sfuggirà all’impressione che la sua postazione sia immobile, e situata al centro di una “cupola” semisferica e trapuntata di stelle, la “volta celeste”, appunto, delimitata dalla linea dell’orizzonte.
Purché sia disposto a protrarre la sua osservazione, egli si accorgerà che questa “volta” non è immobile: infatti constaterà che ogni stella si muove – solidarmente alle altre, cioè senza variare la sua distanza da esse – e percorre una traiettoria circolare il cui centro è un punto appartenente alla retta che unisce il proprio osservatorio con un punto della volta, situata a settentrione, in prossimità di una Stella, la “polare”, che unica tra tutte rimane immobile (per l’esattezza, essendo vicina al centro, compie un movimento quasi impercettibile).
Le stelle più vicine alla polare percorrono una traiettoria circolare che in nessun posto attraversa l’orizzonte e sono quindi visibili in ogni momento della notte. La traiettoria delle stelle più lontane è visibile solo in parte: esse appaiono in un punto dell’orizzonte a Est e, dopo aver attraversato il cielo, scompaiono a Ovest. Analogamente a queste ultime si comporta la Luna. Allo stesso modo il Sole, che durante il suo movimento giornaliero da oriente a occidente illumina cielo e terra, occultando con la sua luce le altre stelle e determinando in tal modo l’alternanza tra dì e notte.
Osservazioni prolungate e ripetute porteranno il nostro osservatore a ordinare percettivamente le stelle più luminose in “costellazioni” determinandone con sempre maggior sicurezza la posizione nella volta celeste e la collocazione reciproca. Egli si troverà a un certo punto a disporre di una mappa della volta celeste, che allora non gli apparirà più come un tutto omogeneo e indifferenziato ma come un territorio suddiviso in aree, corrispondenti appunto alle costellazioni. Questa mappa del cielo si rivelerà un ottimo ausilio per osservazioni successive, permettendo indagini più minuziose. La possibilità di un’osservazione più raffinata produrrà ben presto come effetto la scoperta di alcune importanti irregolarità nel moto degli astri. Ecco le più rilevanti:
1) Mentre le traiettorie percorse dalle stelle non mutano – esse “sorgono”, in ogni stagione, nello stesso punto dell’orizzonte, raggiungono sempre lo stesso punto culminale, “tramontano” sempre nello stesso luogo – quella del Sole è variabile stagionalmente.
2) Il movimento del Sole appare più “lento” di quello delle stelle “fisse”. Assumendo come riferimento una stella che si trovi in un determinato periodo in prossimità del Sole è facile da verificare che – rispetto ad essa – il Sole perde terreno (ogni giorno di circa un grado di distanza angolare, equivalente, in termini di tempo a circa quattro minuti). Rispetto allo sfondo della volta celeste, cioè, il Sole sembra percorrere a ritroso un breve cammino quotidiano. Questo movimento a ritroso porta il Sole a passare successivamente davanti a ciascuna delle dodici costellazioni dette dello Zodiaco, lungo una linea chiamata eclittica, inclinata di 23°30’ rispetto all’equatore celeste, per ritornare dopo un anno al punto dal quale era stato calcolato l’inizio del movimento. Le variazioni stagionali della traiettoria giornaliera del Sole sono una conseguenza dello spostamento annuale dell’astro lungo l’eclittica.
3) La Luna “retrocede” verso Est molto più rapidamente, “perdendo” circa un’ora al giorno, e conclude in un periodo di circa ventinove giorni il suo corso a ritroso sullo sfondo delle altre stelle. La traiettoria descritta dalla Luna in questo movimento verso Est non si discosta molto dall’eclittica, pur non coincidendo con essa.
4) Rispetto allo sfondo delle stelle compiono un movimento a ritroso anche i pianeti (in greco planetà, “astri erranti”), cinque dei quali, osservabili a occhio nudo, erano conosciuti nell’antichità (Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno). Ma i pianeti presentano un’ulteriore “anomalia”: il loro corso a ritroso – in determinati periodi – sembra subire un rallentamento e interrompersi (si parla allora di “stazione” del pianeta), per essere sostituito da un moto nella direzione opposta (detto per questo “retrogrado”): in questi casi il pianeta invece di perdere terreno rispetto alle altre stelle, ne guadagna, si muove verso Ovest più velocemente dell’insieme della volta stellata, per poi ritornare, dopo un certo tempo, al suo consueto moto verso Est. Complessivamente, il movimento in direzione Est dei pianeti li porta a descrivere traiettorie che non si discostano molto da quelle del Sole, ma che presentano in corrispondenza delle stazioni e delle retrogradazioni uno sviluppo a “esse” o ad anello.
5) In corrispondenza delle fasi di moto retrogrado i pianeti appaiono più luminosi; anche le dimensioni apparenti del Sole variano. Fin dall’antichità questi fenomeni hanno generato negli osservatori l’idea che periodicamente questi corpi celesti si avvicinassero e, rispettivamente, si allontanassero dalla Terra.
(SCHEDA tratta dal libro “il testo filosofico”: volume I, l’età antica e medievale, pagg. 646/647; di F. Cioffi, G. Luppi, A. Vigorelli, E. Zanette – Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori).